

di Marianna Iafelice
Nella primavera del 1918, l’animo di Padre Pio non è affatto sereno. Il giovane frate infatti è attanagliato da forti timori a livello spirituale, per cui decide di recarsi al convento di San Marco La Catola, dove sa che può incontrare il Ministro Provinciale, padre Benedetto Nardella, suo direttore, nella speranza di ricevere quell’aiuto che lo porti a fare chiarezza nel suo animo.
La «spina» conficcata in mezzo al cuore di Padre Pio, come scriverà lui stesso ad Antonietta Vona il 30 marzo del 1918, quella che lo sfiancava e lo gettava costantemente nel dubbio, era l’interrogativo martellante che si poneva quando affermava: «Io non so se regolo bene le anime che il Signore mi manda. Queste anime vanno sempre più crescendo. Per alcune ci sarebbe bisogno davvero di luce soprannaturale ed io non so se ne sia sufficientemente ripieno e vado tentoni regolandomi con un po’ di dottrina pallida e fredda appresa sui libri e con quel po’ di luce che mi viene dall’Altissimo. Chi sa, figliuola mia, che queste povere anime non abbiano a soffrire per colpa mia!».
Ma perché questa confidenza proprio ad Antonietta Vona? Chi era questa donna a cui il frate affidava ciò che custodiva nelle pieghe del suo cuore? Per conoscere meglio Antonietta, di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della morte, bisogna fare un passo indietro e far scorrere il dito sul calendario del 1917, precisamente all’estate di quell’anno. La guerra imperversava ancora, con un esercito ormai allo stremo, invischiato in battaglie sanguinose mentre i soldati erano sempre più esasperati e desiderosi solo di fare ritorno a casa. Antonietta, che era originaria di Castrocielo, un paese in provincia di Frosinone, poco più che trentenne, proprio quell’estate si era recata in villeggiatura a Casamicciola (Ischia) insieme alla mamma Marianna e alla sorella Celerina.
Quella meta fu scelta dalla famiglia Vona, forse perché, nella vicina Napoli, prestava servizio militare Enrico, fratello di Antonietta. Le tre donne arrivarono così alla pensione “San Pasquale”, gestita dalla famiglia Morgera, la cui figlia Giuseppina, nel dicembre del 1915, proprio a Napoli aveva conosciuto Padre Pio. L’intera famiglia Morgera, conosceva quel giovane e riservatissimo frate, grazie a Raffaelina Cerase originaria di Foggia, prima figlia spirituale di Padre Pio, che, nei mesi estivi era solita, recarsi alla pensione con la sorella Giovina per le cure termali.
Insomma, come in un effetto domino, la direzione spirituale di Padre Pio con Raffaelina Cerase arriva fino ad Antonietta Vona, una donna che, sin dalla sua giovane età si era dedicata a opere di carità e di apostolato nel paese in cui viveva. Antonietta, dopo aver saputo delle precarie condizioni di salute di Padre Pio, preoccupata che la situazione potesse peggiorare, incarica, con una sensibilità tutta femminile, il fratello Enrico di far pervenire ogni giorno un piatto di rape al frate, e con quella testarda determinazione che doveva appartenere al suo carattere, decide di sfruttare tutte le sue conoscenze per poterlo liberare dal servizio militare e farlo tornare in convento: «Lascio a te il compito – le scriverà Padre Pio in seguito – di ringraziare tutte quelle anime che si sono adoperate per la mia liberazione. La mia gratitudine e la mia riconoscenza dinanzi a Dio per esse sarà eterna». In questo momento inizia la loro corrispondenza epistolare, infatti la prima lettera di Padre Pio dalla Caserma Sales di Napoli indirizzata ad Antonietta è datata 21 settembre 1917.
Anche con Antonietta, Padre Pio instaurerà un rapporto profondo, una relazione il cui affetto era percepito come un arricchimento per la sua crescita spirituale. Quando dopo la seconda guerra mondiale Antonietta deciderà di trasferirsi a San Giovanni Rotondo, in quella «sorta di monastero invisibile» che si era creato attorno al convento, dove tante figlie spirituali avevano deciso di andare a vivere, Antonietta è ormai una donna consapevole che l’affettività di Padre Pio, anche per lei era diventata il mezzo, lo strumento con cui poteva tentare di uguagliarlo in quella sua crescita spirituale, era cioè la leva che la spingeva a grandi sacrifici pur di raggiungere la meta: «Dio, che con ispecial cura vi ha preso per mano, vi guidi al porto dell’eterna salvezza: affidiamoci a lui e non temiamo», così le ripeteva spesso il frate. E Antonietta nel suo intenso percorso spirituale, si aggrappava a quel cammino condiviso con Padre Pio, che da parte sua era così convinto di essere ricambiato affettivamente dalle sue figlie spirituali, da ritenerle perfino in grado di comprendere tutto ciò che avveniva nella sua anima, quel suo dramma interiore, quella sofferenza, che, come abbiamo visto, non ha esitato a confidare ad Antonietta.
Scalfita dalla malattia dolorosa che l’ha colpita, Antonietta fino alla fine ha fatto si che il suo cuore non fosse turbato dalla grande prova a cui fu sottoposta, riannodando nella mente sempre, anche nei giorni più duri e sfiancanti dell’ infermità, le parole di Padre Pio quando le diceva: «Deh! Dunque nelle ore di combattimento ricordiamoci di Gesù, che è con noi, e soffre con noi e per noi: ricordiamoci di Gesù che combatte con noi e per noi: ricorriamo a lui e saremo sempre sollevati: così operando riporteremo e canteremo sempre vittoria dinnanzi a Dio». E Padre Pio, che tanto bene la conosceva, nel ricordo funebre del trigesimo della sua morte, avvenuta il 12 novembre 1949, volle che si scrivessero le seguenti parole: «È stata una delle poche anime in cui Dio si è compiaciuto. Ha vissuto nel nascondimento, nell’umiltà più profonda e in una continua sofferenza che ha saputo sopportare con animo sereno e gioioso e si è spenta come un lumicino, tutta consumata in Dio e per Dio nel quale ora eternamente riposa».
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Una donna vicino a un santo: Antonietta Vona (in pdf)