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Un impegno da vivere in Quaresima

del numero: Anno LI n. 3 Marzo 2020

di fr. FRANCESCO DILEO, OFM Cap.

«La tentazione di Gesù manifesta quale sia la messianicità del Figlio di Dio, in opposizione a quella propostagli da Satana e che gli uomini desiderano attribuirgli. Per questo Cristo ha vinto il tentatore per noi: “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” (Eb 4,15). La Chiesa ogni anno si unisce al Mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima» (CCC 540). Con questa espressione il Catechismo della Chiesa Cattolica ci indica il senso del periodo liturgico che stiamo vivendo. Ma, in essa, troviamo anche un interessante spunto di riflessione sull’emergenza mondiale che stiamo vivendo, che noi cristiani dovremmo saper rileggere alla luce del termine ultimo del percorso penitenziale quaresimale che stiamo compiendo: la celebrazione del mistero della passione, della morte e della resurrezione del Messia e che costituisce il fulcro della nostra fede.

La recente, imprevista diffusione di una nuova forma influenzale virale ha fatto riemergere, a livello mediatico, due realtà che l’attuale contesto culturale cerca di nascondere, perché non riesce a comprenderne il senso: la sofferenza e la morte. Allo stesso tempo, la grande propagazione di notizie sull’argomento, sostenuta da toni allarmati e allarmanti, ha generato e alimentato un diffuso sentimento di paura. Paura che costituisce l’antitesi della speranza e della fiducia in un Dio che è padre misericordioso. In pratica è venuta a galla tutta la fragilità di chi ha un rapporto ancora immaturo di confidenza con Colui che è onnipotente o con chi non ha ancora accolto il suo costante invito alla conversione.

Proprio la passione, la morte e la resurrezione di Gesù hanno ridato senso, valore e una nuova prospettiva al dolore di ogni uomo e all’inevitabile termine del nostro cammino terreno, consegnandoci l’esempio del Figlio «obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8), sempre disponibile ad accogliere e a compiere la volontà del Padre. Proprio la passione, la morte e la resurrezione di Gesù costituiscono le fondamenta della fede che professiamo.

Tutto ciò impone, a noi credenti, l’obbligo dell’annuncio. Soprattutto dell’annuncio pasquale. Abbiamo il dovere di gridare al mondo che Cristo, con il suo patire, ha trasformato la sofferenza nella più alta, autentica e credibile dichiarazione d’amore e che la sua resurrezione ha sconfitto per sempre la morte e ci ha spalancato le porte dell’eternità. Dobbiamo gridare, per farci sentire da chi non ascolta o non vuol ascoltare, perché distratto o perché troppo concentrato su ciò che promette felicità effimere a buon mercato. Dobbiamo gridare, per risvegliare la fiducia nel Signore, purtroppo sopita, di tanti cristiani che non riescono a scegliere fra Dio e le subdole seduzioni del mondo.

È un atto di carità verso questi nostri fratelli! E può essere anche un proficuo impegno per vivere con fede, speranza e carità questa Quaresima.

 

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