
di fr. FRANCESCO DILEO, OFM Cap.
Ci siamo sentiti Chiesa. Questa è l’esperienza che abbiamo fatto accogliendo il nuovo arcivescovo di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, padre Franco Moscone. La sua dedizione totale al Popolo di Dio, alle pietre vive che costituiscono il Corpo mistico di Cristo, è stata evidente sin dal momento in cui sono stati pubblicati stemma e motto episcopali, corredati dalla relativa nota esplicativa. Sul cartiglio, posto a base dello scudo, leggiamo la frase: «Servire pauperibus et Ecclesiae». La prima parte è tratta dal «testamento spirituale di san Girolamo Emiliani», fondatore della Congregazione dei Chierici Regolari di Somasca, «sintetizzato in un’unica ma significativa frase: “Seguite la via del Crocifisso disprezzando il mondo, amatevi gli uni gli altri, servite i poveri”». Padre Franco ha preso l’ultima espressione, «servire i poveri», come impegno prioritario del suo nuovo ministero. Prioritario ma non esclusivo. Con la congiunzione «et» ha posto sullo stesso piano dei più bisognosi anche tutti gli altri componenti del corpo ecclesiale, ugualmente, se non addirittura più bisognosi delle sue cure spirituali. Perché, paradossalmente, è proprio nell’apparente benessere che si rischia di allontanarsi dall’ovile e di divenire una delle tante pecorelle smarrite, che il Buon Pastore non può abbandonare al loro destino nella speranza che, prima o poi, trovino da sole la via del ritorno.
Ecclesiale è stata l’esperienza dell’ordinazione episcopale, che ha riunito nella cattedrale di Alba vescovi, presbiteri, religiosi e fedeli di Piemonte e Puglia in un’unica, grande assemblea.
Nella successiva Celebrazione eucaristica di Manfredonia, con cui è iniziato il suo ministero pastorale, sono emerse le prime linee essenziali con cui l’Arcivescovo ha delineato il suo progetto di Chiesa. «Chiesa – ha detto durante l’omelia – è innanzitutto sinonimo di comunione, la sua identità. Chiesa è missione, poiché la sua attività è essere missionaria. Chiesa è carità, il suo fine è dire e portare Dio, che vuol dire carità, in questo mondo».
Nel salutarlo, durante la sua Messa di ingresso a San Giovanni Rotondo, il nostro ministro provinciale, fr. Maurizio Placentino, ha detto: «Oggi con lei siamo chiamati a riprendere il cammino da dove ci aveva condotti il suo predecessore, l’amato vescovo Michele: siamo chiamati a ripartire, come lei stesso ci ha ricordato una settimana fa a Manfredonia, dalla comunione, dalla carità, dall’evangelizzazione». In effetti proprio lì ci aveva condotto mons. Castoro, alla consapevolezza di «quanto il volto della Chiesa sia bello sempre, e quando si rivela nei tratti di quello dei suoi grandi Pastori, e quando esso riluce in quello dei suoi figli più piccoli», come ha affermato nel suo testamento spirituale, scritto poche settimane prima della sua morte, nel quale ha rivelato: «L’ho amata più di me stesso» e ancora: «Ho scelto di donare la mia vita perché potesse continuare a crescere il mistero che sant’Alberto Magno descrive così: “Giorno per giorno la Chiesa partorisce Cristo stesso nei cuori di chi ascolta per mezzo della fede” (Commento all’Apocalisse 12,5)».
E verso questo amore alla Chiesa, che ha caratterizzato anche tutta l’esistenza terrena di san Pio da Pietrelcina – attraverso le tre strade della comunione, della carità e dell’evangelizzazione – dobbiamo e vogliamo dirigere i nostri passi, seguendo le orme del nostro nuovo padre e pastore Franco, che ci sta facendo comprendere come il volto di Cristo, capo di questo Corpo mistico, sia sempre «lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8), anche quando cambiano i lineamenti somatici dei suoi ministri, chiamati a perpetuare la sua incarnazione sulla terra.
Auguri di un proficuo ministero, caro padre Franco!