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San Marco la Catola

Storia: il convento dei Cappuccini di S. Marco La Catola fu fondato nel 1585 durante il provincialato del p. Francesco da Termoli, con l’intervento economico di vari benefattori. La costruzione fu ampliata con altre camerette ed un locale ampio da servire al lanificio a spese del marchese Pignatelli. Il lanificio rispose molto bene allo scopo fino al 1841, quando fu trasferito a Foggia. Fu addossato ad una precedente chiesetta dal titolo “S. Maria di Giosafat”. Fu qualche volta sede di noviziato; più spesso sede di studentato. La chiesa fu consacrata il 12 luglio 1713. In vista della soppressione murattiana, il 16 agosto 1808 fu compilato l’inventario del convento dal regio luogotenente Domenico Perna e dal sindaco Felice Di Mattia.

Una copia di detto inventario fu consegnata al superiore, p. Felice da Gildone. Il convento non fu soppresso per l’energico intervento del sindaco che lo motivò con l’apostolato generoso svolto dai frati “ per il comodo delle Messe e dei Sacramenti” e perché “i frati sono esemplarissimi e che la popolazione ne vive soddisfattissima e resterebbe in un vero lutto se dovesse restar priva di questo solo convento che forma l’unico sollievo della medesima, la quale presta ben volentieri colle limosine fino a mantenere attualmente sedici individui”. Un altro motivo della richiesta di non soppressione da parte del sindaco fu che nel convento vi era l’unico lanificio per la fabbrica del panno per i vestiari ad uso di tutti i religiosi cappuccini esistenti nella provincia sotto il titolo di ‘S. Angelo’.

Fu chiuso nel 1867 divenendo di appartenenza della Cassa Ecclesiastica – Fondo per il Culto. In data 10 giugno 1867 il Fondo cedette tutto lo stabile al comune di S. Marco. Fu riaperto nel 1901 per l’interessamento del provinciale, p. Pio da Benevento. Nel 1922 il Fondo per il Culto cedette tutto lo stabile all’Ordinario Diocesano. Il 1° giugno 1966, mons. Cunial, vescovo di Lucera, restituì il convento all’Ente Provincia Monastica, ma tale donazione fu ritenuta invalida dal Ministero dell’Interno in quanto il vescovo non era il padrone del convento ma solo l’usufruttuario