di fr. FRANCESCO SCARAMUZZI OFM Cap.
Settembre, per la maggior parte di noi, è il mese della ripresa delle attività, lavorative o scolastiche, dopo aver goduto di un breve periodo di vacanza. Termine ambiguo «vacanza», perché finisce spesso per tradire nei fatti la sua intenzione etimologica. «Vacanza», infatti, letteralmente, significa «fare vuoto», inteso come sospensione temporanea da tutte quelle attività che riempiono la nostra vita e la nostra mente. Nei fatti, però, essa finisce per diventare il periodo nel quale le attività si moltiplicano: si prova a recuperare tutto ciò che non si è riusciti a fare durante l’anno, programmando occupazioni e impegni, finendo così per non avere più tempo. Anzi, per bruciarlo.
La sensazione è che spesso la nostra società – che è proiezione complessiva e strutturata di ciascuno di noi – sia divenuta incapace di «fare vuoto», di interrompere cioè le normali attività che assorbono tutte le nostre forze, per dedicare tempo a sé, praticando quella forma di quiete dalla frenesia degli impegni, godendo del silenzio dai rumori della vita.
Certo, ci sono persone che non hanno bisogno di fare vacanza, per le quali il lavoro è la gratificazione più alta e l’occasione irrinunciabile di soddisfazione personale; persone incapaci di staccarsi dai propri impegni o di darsi tregua dalle preoccupazioni quotidiane. Ma sospetto che anche questo atteggiamento sia il frutto avvelenato di una società prettamente economica, che impone la ricerca continua del risultato, l’efficienza a tutti i costi, la denuncia del disimpegno, seppur momentaneo, come forma di colpevole pigrizia.
Già i latini – ma prima ancora i greci – insegnavano come l’otium dovesse alternarsi al negotium: dopo aver negoziato, trafficato, commerciato, era indispensabile interrompere, per dedicare tempo a sé oziando, ovvero non praticando nessuna attività profittevole, ma coltivando, al contrario, un «dolce far niente», finalizzato alla cura di sé, tra riposo, studio o soddisfacimento dei propri impegni domestici. Tutto ciò giustificava la ripresa delle normali attività, ovvero del negotium, con più carica e consapevolezza.
Naturalmente so che bene che per molti lavorare è una esigenza imprescindibile; che ci sono molte fasce della società per le quali manca la possibilità stessa, spesso per ragioni economiche, di fare vacanza. Ma il concetto di vacanza a cui penso non ha a che fare necessariamente con il viaggio, il soggiorno fuori dal proprio ambiente quotidiano o la distrazione assoluta dalle cose necessarie e importanti della vita. Più esattamente penso alla capacità consapevole di «staccare», di «interrompere» ciò che assorbe quotidianamente la nostra vita e che ci preoccupa, ovvero ci impegna prima e sopra ogni cosa. Spesso, infatti, senza accorgercene, siamo risucchiati in un vortice di impegni che ci negano l’occasione di riflettere su noi stessi, sulla qualità della nostra vita, sul senso e la direzione che abbiamo intrapreso; di «coltivare» noi stessi e i nostri interessi non esclusivamente impiegatizi.
Spero che chi legge possa aver avuto l’occasione di fare tutto questo, cioè di aver potuto interrompere la solita routine, per ripartire con più slancio ed entusiasmo.
Per quanto ci riguarda, la ripresa di settembre si annuncia carica di eventi: oltre all’ormai tradizionale novena di san Pio, che si concluderà con la festa del 22-23, quest’anno vivremo un importante convegno sulle stimmate del Santo di Pietrelcina, il 18-19 settembre p.v., a San Giovanni Rotondo, in occasione del centesimo anniversario della sua stimmatizzazione permanente (troverete il programma del convegno in questo numero). Siete tutti invitati a partecipare e ad unirvi a noi frati cappuccini di San Giovanni Rotondo con gioia.