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Il cardinale Pizzaballa a San Giovanni Rotondo

Anno LVI – n. 9 – Settembre 2025

di fr. FRANCESCO DILEO, OFM Cap.

«Nella Storia della salvezza, ogni volta che il Signore entra nella casa e nella vita di qualcuno accade qualcosa di nuovo. Può accadere che un uomo o una donna qualunque divengano dei condottieri (come Mosè, ad esempio), che una donna sterile rimanga incinta (come Sara), che un morto risusciti (come Lazzaro), che la storia, insomma, prenda tutt’un’altra piega… Quando questo avviene, in genere ci si trova ai limiti della disperazione: un popolo schiavo e sfinito da lungo tempo, una coppia sterile senza speranza, dei nemici che umiliano e non lasciano scampo. Così accade perché sia chiaro che è Dio che opera la salvezza. E anche perché sia chiaro che Dio interviene gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio. Sceglie un popolo, una famiglia, una persona proprio per la loro povertà, per il loro bisogno di salvezza, perché li ama». Con queste parole, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, il card. Pierbattista Pizzaballa, commentava le letture bibliche di domenica 20 luglio, XVI del tempo ordinario. A distanza di tre settimane, il 10 agosto, quasi in continuità con il discorso precedente, il Porporato, con la sua competenza di teologo biblico, ha spiegato: «Così Dio agisce. Ama e sceglie l’uomo non perché abbia merito o requisiti speciali, ma perché così a Lui piace. Perché Dio ama gratuitamente. Il Padre ci ha donato il suo Regno, lo ha donato alla nostra piccolezza», per poi specificare che «il Regno passa per l’esperienza di un vuoto, di una mancanza, quasi fosse una ferita. Perché il vuoto, la mancanza, la ferita scavano nel cuore dell’uomo l’attesa e il desiderio, che sono, per la vita, i beni più preziosi. Aprono, cioè, a qualcosa che va oltre noi stessi, ci aprono all’incontro, alla preghiera, all’amicizia». Aprono – aggiungerei quasi in maniera conseguenziale – alla speranza.

Altre parole di speranza, il card. Pizzaballa, nostro confratello nell’appartenenza al primo Ordine di san Francesco, essendosi consacrato al Signore nella famiglia religiosa dei Frati Minori, le offrirà il prossimo 23 settembre, ai devoti di Padre Pio, ai credenti, all’intera umanità e, in particolare, alle popolazioni della martoriata Terra Santa, continuamente costretta a desiderare la pace e duramente provata da un’apparentemente inestinguibile fuoco bellico, che produce costantemente morte, lutti, fame e disperazione. Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini ha accettato di venire a San Giovanni Rotondo per presiedere la solenne Concelebrazione eucaristica delle ore 11,00 nel giorno in cui la Chiesa eleva la sua lode al Signore per il dono di san Pio da Pietrelcina, che può essere considerato a buon diritto un testimone della pace e della speranza.

In attesa di poter accogliere l’autorevole pensiero di colui che vive la dimensione di successore degli Apostoli proprio nei luoghi in cui Cristo ha costituito la sua Chiesa, mettiamoci idealmente alla scuola spirituale del santo Cappuccino, sentendo come indirizzata anche a noi un’esortazione contenuta in una lettera da lui scritta nel lontano 20 giugno 1915, ma che conserva la freschezza dello sguardo elevato oltre il contingente, rendendola ancora straordinariamente attuale: «Confidiamo sempre in Dio […] ed a questo ci aiutino la fede viva ed i conforti della cristiana speranza, e preghiamo sempre e la pace non tarderà ad arridere alle nazioni. Abbiamo rivolto il pensiero al cielo, la vera patria nostra, di cui la terrena non è che una smorta immagine e sforziamoci, colla divina assistenza, di conservare, in ogni evento o lieto o triste, quella serenità e quella calma che si addice ai veri seguaci del biondo Nazareno (Epist. I, p. 596).

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