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Padre Marella e Padre Pio: la strada della carità

del numero: Anno LI n. 4 Aprile 2020

di Marianna Iafelice

Le pagine di questa Rivista, in attesa di conoscere la data della sua beatificazione, vogliono ancora una volta ripercorrere il vissuto di padre Olinto Marella. Una sua descrizione prima che diventasse un «prete ‘barbone e mendicante per nutrire altri barboni», infatti, ce la fornisce l’autorevole penna di Indro Montanelli, che ebbe modo di conoscerlo, da ragazzo, tra i banchi di scuola, quando al Liceo di Rieti, salì sulla cattedra di Filosofia: «Una lunga barba color rame, una redingote che scendeva fino ai piedi, un collare bianco da clergyman avanti lettera, e uno sguardo da fanciullo, fra l’innocente e lo smarrito».

Quel giorno il futuro giornalista, che si è sempre definito «laico e liberale», comprese immediatamente una cosa, che quell’insegnante colto e appassionato, che esteriormente aveva tutti gli elementi per farsi «corbellare» dai ragazzi: «Non era un professore come gli altri». A guardare, infatti, le sue fotografie, sebbene la barba all’apparenza sia la protagonista indiscussa di queste immagini, è il suo volto a catturarti. Quello sguardo d’altri tempi, quegli occhi che ti fissa no ma che non ti scrutano in maniera indagatoria, quel suo essere in bilico tra un personaggio reale e il personaggio principale di quei racconti a cartone animato, che sanno di buono, dove il minuto protagonista, un po’ curvo e un po’ tenero, agisce con la sua innocente bontà che non è mai stupidità, ma solo saggezza, in giro per le strade di quelle grandi città, che la matita del disegnatore coglie sempre raffigurandole dal basso, dai marciapiedi, dove si vedono solo passi lunghi e frettolosi, appartenenti a gente elegante, ma distratta, che si dimentica, andando oltre, di tutto ciò che gli sta intorno.

Padre Olinto Marella invece, ha sempre voluto vedere solo il mondo degli ultimi che gli ruotava attorno e a loro, agli ultimi, ai bisognosi, ha scelto di dedicarsi per tutta la vita fondando a Bologna “La città dei ragazzi”. Diventato professore, dopo che il 25 settembre 1909, viene sospeso a divinis per aver dato ospitalità a Romolo Murri, suo amico fin dai tempi del Seminario, nel 1924 approderà a Bologna, dove insegnerà storia e filosofia nei Licei Galvani e Minghetti, fino al giorno in cui, il 2 febbraio 1925, dopo sedici anni, gli verrà revocata la sospensione e potrà tornare a fare il prete; un prete di strada che ben presto, diventa la «coscienza critica di Bologna», un «faro di luce che illumina una città forse troppo borghese» conquistandola interamente.

É in questa città infatti, che la sua vita si intersecherà con quella di Padre Pio, che, in quegli stessi anni, pur non essendo scomunicato, viveva quella prima fase ‘persecutoria’ che poi sfocerà nelle limitazioni delle sue facoltà sacerdotali. Padre Marella oggi, infatti, viene considerato il «generatore» di importanti figure che agiranno poi, in maniera determinante, nella storia di Padre Pio. A fare da trait d’union tra questi due sacerdoti apparentemente diversi, c’è una donna: Olga Venturi Lotti, che dopo essere rimasta vedova si reca a San Giovanni Rotondo nel 1935, per trasferirsi in maniera definitiva nel 1942. Qui, infatti, la signora Venturi, comincerà ad attuare tutta una serie di iniziative caritative che sorgono e si plasmano sul modello proprio di padre Marella di cui era figlia spirituale.

Il flusso di pellegrini bolognesi verso il convento di Padre Pio, nascerà proprio in questa fase, e ‘culminerà’ con l’arrivo negli anni ‘60 del prof. Salvioli, il quale, da oltre trent’anni a Bologna, aveva cercato di dare un forte impulso all’opera di padre Marella, sostenuto pure dal card. Nasalli Rocca. Insomma, questi due mondi a un certo punto si incontrano e si fondono. Padre Marella che si recherà più volte a San Giovanni Rotondo, portando talvolta con sé, in pellegrinaggio, anche i ‘suoi ragazzi’, quelli che accudiva togliendoli dalla strada, era solito celebrare la sua messa nella cappellina della signora Venturi, la quale seguendo l’esempio di padre Marella, ormai era diventata instancabile «jocchela» (chioccia) nella sua opera di apostolato con i ragazzi del luogo.

A Bologna, padre Marella, che per tutti non è mai stato «don Marella» ma solo e soltanto «padre Marella», dopo la guerra, accettando il peso di accettare le anime così «come Dio me le manda», il messaggio di padre Marella era identico quando diceva: «Chiunque si rivolga a me è una creatura da amare, non mi interessa il passato dei miei ragazzi, mi interessa il loro futuro». Alle soglie di una Chiesa che si stava per forza di cose confrontando con la modernità, entrambi quindi, scelgono senza dubbi di rimanere fedeli a essa, con il loro servizio verso l’umanità sofferente, nonostante le ingiustizie subite. E padre Marella, dal momento che aveva vissuto nelle pieghe del proprio cuore il tormento straziante della sospensione, è forse il solo che può comprendere l’intima sofferenza di Padre Pio nei momenti bui delle sue persecuzioni, tanto che a un terziario francescano che gli chiese un commento sull’atteggiamento di papa Giovanni XXIII, suo amico di vecchia data, il sacerdote ormai anziano rispose senza indugi: «Pregate per la Chiesa, per Padre Pio e per il papa. Lo Spirito ha i Suoi percorsi, a volte non ben conosciuti ed interpretati dalle menti umane».

Intanto a Bologna, ma soprattutto alla “Città dei ragazzi”, dove padre Marella ha scelto di riposare, per rimanere accanto ai suoi tanti figli, a cinquantuno anni dalla sua morte, si respira un’aria di attesa festosa, da quando cioè il 28 novembre 2019, papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto che riconosce il miracolo avvenuto per intercessione di padre Marella. I suoi ‘ragazzi’ sono in attesa di conoscere infatti solo la data ufficiale della sua beatificazione, consapevoli però che come disse, Indro Montanelli se dall’aldilà padre Marella ha coscienza di quanto sta accadendo qui, «non è stato sfiorato nemmeno da un fremito di compiacimento per la rivincita. Certi sentimenti infatti, gli erano assolutamente sconosciuti».

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