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La preghiera audace e coraggiosa di Papa Francesco

del numero: Anno LI n. 4 Aprile 2020

di Luigi Accattoli

Strana Quaresima di quarantena quest’anno, nel mezzo della pandemia. Ci è stata di conforto la preghiera del Papa che si è manifestata in tanti modi: nella Messa quotidiana a Santa Marta, con il videomessaggio per la giornata romana di preghiera e di digiuno dell’11 marzo, collegandosi con il “Rosario per l’Italia” del 19 marzo promosso dalla Cei, con il pellegrinaggio a due santuari romani di domenica 15 marzo, con gli Angelus e le udienze dalla Biblioteca privata.

“Preghiera universale”. Quella del Papa è stata innanzitutto una “Preghiera universale”, nel significato antico delle rubriche liturgiche dove indica una preghiera per tutti. Ogni giorno, da quando sono iniziate le dirette della Messa mattutina, cioè dal 9 marzo, Francesco prima di avviare la celebrazione è venuto proponendo un’intenzione particolare per la molteplice umanità martoriata dalla pandemia: medici, infermieri, lavoratori degli ospedali, volontari, contagiati, anziani, i morti e le loro famiglie, governanti, quanti mandano avanti le città, poliziotti, vescovi, carcerati. Lo ha fatto spesso con viva intuizione delle situazioni più varie, degna del pastore che conosce le pecore. Quando ha pregato per i morti ha aggiunto: «In modo speciale, vorrei che pregassimo per gli operatori sanitari che sono morti in questi giorni. Hanno donato la vita nel servizio agli ammalati». Un riconoscimento di martirio della carità. La preghiera per gli anziani li coglieva dal vivo: «Soffrono questo momento in modo speciale, con una solitudine interna molto grande e alle volte con tanta paura». Sono anziano anch’io e mi ci sono riconosciuto.

“Preghiera e scuola di preghiera”. Formulando invocazioni e intenzioni Francesco è venuto anche svolgendo – fattualmente – una scuola di preghiera, indicando in quanti modi e luoghi e tempi si possa condurre l’orazione realizzando una supplica ininterrotta nei giorni della prova. La preghiera liturgica innanzitutto, prevalente su tutte, e proposta con la celebrazione quotidiana ad apertura della giornata. La Messa del Papa da Santa Marta è divenuta in queste settimane un modello per le tante Messe teletrasmesse, offerte in streaming, tramite Facebook e Instagram. Quasi ogni parroco ha trovato il suo canale e Francesco ha mostrato a tutti come condurre l’omelia e ha suggerito di aggiungere alla celebrazione la benedizione eucaristica: non dicendolo in parole ma facendolo lui. Sempre fattualmente ha mostrato come invitare alla “comunione spirituale” chi segue da lontano e non può fare la comunione eucaristica.

“Preghiera del pastore”. In più occasioni la preghiera papale di queste settimane ha assunto il carattere di un grido del pastore che guida il gregge: voce che dice vicinanza ma anche sprona. Almeno in tre casi l’intenzione detta prima della Messa ha costituito un’indicazione del cammino: quando si è rivolto ai sacerdoti, ai governanti, ai vescovi. L’invocazione “per i nostri sacerdoti” è del 10 marzo: «Perché abbiano il coraggio di uscire e andare dagli ammalati, portando la forza della Parola di Dio e l’Eucarestia e accompagnare gli operatori sanitari, i volontari, in questo lavoro che stanno facendo». Il 12 marzo è stata la volta delle autorità: «Devono tante volte decidere su misure che non piacciono al popolo. Ma è per il nostro bene. E tante volte, l’autorità si sente sola, non capita.

Preghiamo per i nostri governanti: che si sentano accompagnati dalla preghiera del popolo». Il 13 marzo ha pregato «per i pastori che devono accompagnare il popolo di Dio in questa crisi: che il Signore gli dia la forza e anche la capacità di scegliere i migliori mezzi per aiutare. Le misure drastiche non sempre sono buone, per questo preghiamo: perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio».

“Preghiera audace con il Signore”. Queste intenzioni prese nel loro insieme vengono a costituire una preghiera di governo. Esse sono risultate audaci, tanto da far riaprire le chiese a vescovi che le avevano chiuse (e tra questi c’era anche il cardinale De Donatis vicario di Roma) e più di una volta hanno provocato polemiche. Audace con i credenti, i vescovi e i sacerdoti si è confermato in questa occasione il nostro caro Papa ma audace anche con il Signore, come dev’essere chi intercede per il popolo. Ed ecco su questo fronte l’uscita per Roma del 15 marzo con il simbolico pellegrinaggio di supplica perché cessi il contagio, che lo ha portato davanti alla “Salus populi romani” in Santa Maria Maggiore e ai piedi del Cristo crocifisso di San Marcello al Corso. Francesco in queste due visite private, in una Roma deserta, non ha detto una parola ma interrogato due giorni dopo dal quotidiano “La Repubblica” ci ha informati sul contenuto della supplica: «Ho chiesto al Signore di fermare l’epidemia: fermala con la tua mano. Ho pregato per questo». Dicevo delle polemiche a cui può dar luogo una preghiera audace come quella del Papa. L’hanno rimproverato di invitare i sacerdoti a uscire quando le autorità civili dicevano “restate in casa”. L’hanno accusato di dare il cattivo esempio quand’è uscito lui di persona. Come ogni atto di coraggio, anche la preghiera audace provoca dispute.

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