LA TUA OFFERTA SU VOCE DI PADRE PIO
Voce di Padre Pio - Email info@vocedipadrepio.com
Telefono +39 0882.418311
Indietro

Il virus nemico e la fede di Padre Pio

del numero: Anno LI n. 4 Aprile 2020

di Rosario CARELLO

Cos’ha illuminato i giorni bui, sotto i colpi del Covid-19? Il coraggio di chi ha salvato vite e l’esempio della fede incrollabile del nostro Santo

Mentre scrivo l’Italia è sotto attacco. Non so come saremo quando leggerete, ma oggi abbiamo tutti paura. Perché la curva dei malati da coronavirus è schizzata in alto e quella dei posti negli ospedali è precipitata. Perché c’è un nemico misterioso che s’infila dentro di noi. Perché il nemico colpisce quanto di più vivo abbiamo: il respiro. Perché si fa trasportare, per attaccare le per sone più deboli che ci stanno vicino. Perché non eravamo abituati a resoconti da centinaia di morti e migliaia di contagi al giorno. Perché il coprifuoco lo avevamo visto solo nei film. Perché non ci sono le messe, in questa quaresima che è una lunga agonia. E in questi giorni, in cui rischiamo di perdere la speranza, due cose mi vengono in mente e la seconda è una frase di Padre Pio. Cominciamo dalla prima: le storie. Forse per stemperare la tensione di turni di lavoro anche di 12 ore, molti medici stanno raccontando su Facebook quello che vedono: «Uno dopo l’altro i poveri malcapitati si presentano in pronto soccorso», scrive Daniele Macchini, che lavora a Bergamo. 

«Hanno seguito tutte le indicazioni: una settimana o dieci giorni a casa con la febbre senza uscire, ma ora non ce la fanno più. Non respirano abbastanza, hanno bisogno di ossigeno. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Ora però è arrivato il bisogno di posti letto. I reparti si riempiono a un ritmo impressionante. La diagnosi è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale. Scusate, ma a me come medico non tranquillizza affatto che i più gravi siano prevalentemente anziani con altre patologie. La popolazione anziana è la più rappresentata nel nostro Paese e si fa fatica a trovare qualcuno che, sopra i 65 anni, non prenda almeno la pastiglia per la pressione o per il diabete. Vi assicuro poi che quando vedete gente giovane che finisce in terapia intensiva intubata, tutta questa tranquillità per la vostra giovane età vi passa. La situazione ora è a dir poco drammatica. Non mi vengono altre parole in mente. La guerra è letteralmente esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte». 

Un’altra storia arriva dal Veneto, da quel paesino, Vo’ Euganeo, in provincia di Padova, che è stato uno dei focolai. A emergenza scoppiata, non c’erano più medici operativi: tutti in isolamento preventivo. Così la Federazione italiana di medicina generale lancia un messaggio: c’era bisogno di qualcuno pronto a correre dentro l’epicentro, sapendo di rischiare, certo, ma per guarire.

A leggere l’appello Mariateresa Gallea, 34 anni: «Era una domenica pomeriggio e poco tempo per decidere, un paio d’ore al massimo. Mi sono consultata con altri due colleghi, ci siamo sostenuti a vicenda e senza pensarci troppo abbiamo deciso di partire», ha raccontato al Sir. «All’inizio la situazione era abbastanza gestibile, le prime 72 ore sono state relativamente tranquille. Nel periodo successivo le cose si sono un po’ complicate. Eravamo gli unici medici presenti. Tutti avevano i nostri numeri e le nostre mail». L’intero paese, 3.500 persone, aggrappate a tre medici neppure del posto. A Vo’ i contagiati sono diminuiti durante la prima quarantena. «Tra i ricordi più forti di questa esperienza – racconta – c’è la limitazione negli affetti. Non è bello vedere persone anziane che non riescono a vedere i figli perché fuori dalla Zona rossa».

Ma è quella di Li Wenliang, la storia più terribile. Oftalmologo di 34 anni, è stato il primo a riconoscere il nemico, il virus, ma non lo hanno creduto. Per 40 giorni, un tempo infinito, in vece di contrastare il Covid-19 le autorità cinesi hanno attaccato chi lo aveva scoperto. E mentre il governo accusava Li Wenliang di false notizie e i cittadini cinesi di Wuhan morivano, il nemico cresceva. Alla fine, come un mafioso che non vuole testimoni, il coronavirus ha attaccato e ucciso il medico. Girano tante storie: che avesse un bambino piccolo o che stesse per diventare papà; c’è una bellissima foto di lui con una giovane moglie e un piccoletto che gioca. Chissà se è davvero lui. Secondo alcuni era cristiano, secondo altri un cercatore della fede. Certamente è lui in quel selfie con la mascherina. Coricato, in uno di quegli ospedali costruiti in tutta fretta. Si vedono solo gli occhi, occhi di chi aveva visto lontano.

Ma come dicevo, in questi giorni è una frase di Padre Pio che mi torna in mente. Di quel giorno in cui viene a sapere della morte di un amico e ne resta profondamente colpito. E rivolto a Dio che lo ascolta sempre, dice: «Se lo avessi saputo, te l’avrei preso». La certezza che Dio non abbandona, la certezza del Santo che sa che le mani del Padre divino non sono mai chiuse, mai serrate. Attraversiamo con questa certezza i giorni bui e rischiosi che abbiamo davanti.

riproduzione riservata

IL VIRUS NEMICO DELLA FEDE E DI PADRE PIO in PDF