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Il Segno della speranza

Anno LVI – n. 12 – Dicembre 2025

di fr. FRANCESCO DILEO, OFM Cap.

Come ogni anno, le luci intermittenti e multicolori allietano già da tempo balconi, presepi e alberi di Natale, facendoci pregustare la gioia della festa che, più di ogni altra, raccoglie l’intera famiglia intorno al focolare domestico, per gustare il calore dell’affetto vicendevole e la condivisione dei piatti tipici della tradizione.

Proviamo sensazioni piacevoli e legittime, consolanti e liete, che dovremmo imparare a non rendere effimere, disancorandole dal sentimentalismo passeggero e dalle soddisfazioni materiali che ci auguriamo di trovare impacchettate sotto l’albero o sulla tavola imbandita. La felicità che ci attende non potrà essere piena se non si apre alla compassione e alla carità verso le tante famiglie che trascorreranno i prossimi giorni nel pianto, a causa della guerra.

Molte volte, quando queste – purtroppo molteplici – tristi realtà entrano nella nostra attraverso i telegiornali, ci limitiamo a imbavagliare la coscienza con il pensiero paralizzante: Che cosa posso fare io, persona comune, per sovvertire o almeno modificare una situazione per la quale neppure i capi di importanti Stati sono stati in grado di trovare un rimedio?

In realtà possiamo fare più di quanto, apparentemente, la mancanza di un potere politico o economico ci consente: diffondendo la cultura del dialogo e del perdono e, soprattutto, pregando per la pace.

Uniamoci, dunque, soprattutto nei santi giorni che ci attendono, per chiedere al Signore che «conceda a tutti i responsabili saggezza e perseveranza, per avanzare nella ricerca di una pace giusta e duratura» (Leone XIV, Omelia, 19 ottobre 2025), per supplicarlo «di guarire tutte le ferite e di aiutare con la sua grazia a compiere ciò che umanamente ora sembra impossibile: riscoprire che l’altro non è un nemico, ma un fratello a cui guardare, perdonare, offrire la speranza della riconciliazione» (Leone XIV, Angelus, 12 ottobre 2025). Ma, contemporaneamente, lasciamoci conquistare dagli insegnamenti e dall’esempio del caro e santo confratello Pio da Pietrelcina, il quale ha trasformato in stile di vita la logica della riconciliazione, presupposto indispensabile per prevenire e per far cessare ogni tipo di contrapposizione, in famiglia, in ambito sociale e tra le nazioni.

Con questa prospettiva, i miei auguri per il prossimo Natale si traducono in un invito a cogliere nella mangiatoia di Betlemme, riprodotta nelle tante grotte o capanne allestite nelle chiese e nelle case di tutto il mondo, il Segno della speranza che non delude. Una speranza destinata a brillare anche dopo la fine del Giubileo. Una speranza da accogliere come dono prezioso e da condividere, attraverso l’apostolato quotidiano della testimonianza di fede negli ambienti dell’ordinaria presenza di ciascuno, per contribuire alla costruzione di un mondo migliore, alimentando la diffusione della cultura della non violenza.

Seminare speranza nei cuori di chi incontriamo è, nel contesto sociale in cui viviamo, il più necessario atto di carità, che sarà certamente ricompensato da Colui che, incarnandosi, ha sperimentato fino in fondo la sofferenza umana. Sarà proprio questo impegno a rendere piena e autentica la felicità che pregusteremo ritrovandoci circondati dalle persone che amiamo.

Auguri!

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