
È avvenuto all’inizio di ottobre del 1965, durante un fine settimana trascorso a Troia, ospite del vescovo Antonio Pirotto
del numero: Anno LI n. 1 Gennaio 2020
di Stefano Campanella
Nel giugno del 1958, dopo il trasferimento di mons. Antonio Mistrorigo a Treviso, la cattedra episcopale di Troia, in provincia di Foggia, rimase vacante. Il 24 agosto papa Pio XII nominò, come suo successore, un altro settentrionale, don Antonio Pirotto, originario di Cairo Montenotte, in provincia di Savona, che all’epoca aveva già 66 anni (venti di più del suo predecessore) e che da dieci anni svolgeva con zelo «la delicata mansione di Rettore del Pontificio Seminario Maggiore di Bologna».
Il sacerdote ligure ricevette l’ordinazione episcopale il 16 novembre 19583 dall’arcivescovo di Napoli, il cardinale Marcello Mimmi, nella basilica romana di San Carlo al Corso. Quando, quattro anni dopo, iniziò il Concilio Vaticano II, ai Padri Conciliari vennero assegnati i posti in base all’ordine cronologico della loro designazione alla pienezza del ministero. Per cui a mons. Pirotto, per singolare coincidenza, toccò l’allora inimmaginabile privilegio di occupare lo stallo tra quelli di due futuri Pontefici: mons. Albino Luciani, nominato vescovo di Vittorio Veneto il 15 dicembre 1958, e mons. Karol Wojtyla, designato come ausiliare di Cracovia e titolare di Ombi il 4 luglio dello stesso anno.5 In pieno Concilio, il Vescovo di Troia indisse il primo Congresso Eucaristico diocesano, che si svolse dal 7 al 16 maggio 19656 e che fu accompagnato da numerose altre iniziative collaterali, precedenti e successive all’evento.
Approfittando del fatto che i Vescovi stranieri avevano difficoltà a tornare in patria durante le brevi sospensioni dei lavori, mons. Pirotto invitò il prelato polacco, suo vicino di stallo, a trascorrere il primo fine settimana di ottobre nel suo episcopio. Wojtyla, che dal 13 gennaio 1964 era stato promosso arcivescovo di Cracovia, accettò l’invito e arrivò a Troia il 2 ottobre, accompagnato da altri due vescovi polacchi: l’ausiliare della sua arcidiocesi, mons. Jan Pietraszko, e l’ausiliare di Gorzów, mons. Jerzi Stroba, che portò con sé il suo segretario, don Alojzy Cader.
Il 2 ottobre, a Troia, mons. Wojtyla «celebrò la S. Messa nella cattedrale di cui ammirò la stupenda bellezza architettonica, visitò il tesoro interessandosi vivamente della ricca raccolta di pergamene in parte miniate […]. Sul registro dei visitatori scrisse un pensiero in latino e una frase in polacco. […] Il giorno successivo, 3 ottobre […] si recò nell’antico santuario di Valleverde dove presiedette una solenne concelebrazione per l’apertura delle celebrazioni del settimo centenario dell’apparizione della Madonna al legnaiuolo Niccolò, avvenuta secondola tradizione nel 1226, e benedisse la vetusta immagine lignea» della Vergine. In uno di questi due giorni riuscì anche a raggiungere «S. Giovanni Rotondo di P. Pio, che già conosceva da giovane sacerdote».
È quanto si può leggere in un opuscolo pubblicato nel 1987 da Vincenzo De Santis, tipografo, giornalista e scrittore molto vicino alla Diocesi e a mons. Pirotto. Tale notizia, però, nonostante fosse stata scritta da un uomo introdotto e impegnato in ambito ecclesiale, non era confermata da nessun’altra fonte. Certo, era credibile che l’Arcivescovo di Cracovia, che nel 1948, quando era ancora un giovane sacerdote, aveva conosciuto personalmente Padre Pio e che, tra il 1962 e il 1963, aveva ottenuto due miracoli per sua intercessione: a beneficio di «una signora, medico cattolico, ammalata di cancro» e del «figlio di un avvocato di Cracovia, gravemente ammalato dalla nascita», tornando in Puglia, a 68 chilometri da San Giovanni Rotondo, abbia voluto incontrare nuovamente il Cappuccino stigmatizzato e ringraziarlo di persona. Ma restavano una sola fonte e una, pur legittima, supposizione.
Solo l’8 agosto scorso la Provvidenza, attraverso il sacerdote dell’Arcidiocesi di Foggia don Luigi Nardella, ha permesso allo scrivente di conoscere e di incontrare, a Troia, don Donato Campanaro, parroco della Parrocchia di San Secondino, che nella stessa giornata rilasciava e sottoscriveva la seguente dichiarazione: «In un giorno imprecisato il confratello nel sacerdozio don Luciano Verrilli mi raccontò: “Ho conosciuto Padre Pio nell’ottobre del 1965. All’epoca ero sacerdote da poco più di un anno ed avevo l’incarico di vice rettore del Seminario di Troia. Mons. Antonio Pirotto mi chiese di accompagnare a San Giovanni Rotondo l’arcivescovo di Cracovia, mons. Karol Wojtyla, che stava trascorrendo il fine settimana nella nostra città. In quella circostanza io e il futuro Papa fummo invitati dai frati a mangiare con loro al refettorio del convento ed avemmo, così, l’opportunità di condividere questo momento conviviale anche con Padre Pio”».
Quest’ultima fonte rafforza la precedente e fornisce una ragionevole certezza di un’ulteriore occasione di dialogo personale fra il Santo originario di Wadowice e quello originario di Pietrelcina e spiega perché Giovanni Paolo II, riferendosi alla sua prima visita a San Giovanni Rotondo, scrisse che in quella circostanza era avvenuto il «primo incontro con lui, vivente e ancora stigmatizzato».Evidentemente la parola «primo» lasciava intendere che ce n’era stato almeno un altro.
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