
di fr. FRANCESCO DILEO, OFM Cap.
Ci avviamo, ormai, al termine della Quaresima e ci accingiamo a vivere nuovamente la Settimana santa e la Pasqua del Signore. Ma che ricordi abbiamo di quei giorni? Siamo in grado di raccontare a noi stessi cosa ci hanno lasciato le suggestive Messe con i ramoscelli di ulivo delle Domeniche delle Palme, quelle in Cœna Domini con il commovente rito della lavanda dei piedi, le rievocazioni della Passione di Cristo del Venerdì santo e le solenni Veglie della notte di Pasqua a cui abbiamo partecipato? Se la risposta è “nulla”, se non uno sbiadito ricordo, significa che abbiamo perso tante importanti occasioni per porre o ri-porre il nostro spirito sulla strada della sequela Christi, che coincide, in certi tratti, con la sua via crucis. E, se il nostro esame di coscienza ci pone dinanzi a questa consapevolezza, oggi siamo ancora in tempo per evitare di sciupare un’altra importante opportunità che il Signore ci offre nel kairós (momento opportuno) che abbiamo dinanzi. Un breve, ma incisivo, sussidio per “approfittare” delle liturgie di questo mese ci giunge attraverso il Messaggio per il tempo di Quaresima e di Pasqua 2019 del nostro arcivescovo, padre Franco Moscone. Egli ci invita alla «conversione, primo impegno richiesto da Gesù per seguirlo come discepoli, attraverso tre momenti: partenza, percorso e meta». E, in particolare, ci esorta a iniziare il nostro itinerario di conversione muovendo i primi passi dalla «parte più intima di noi, laddove Dio, nel segreto del nostro cuore, ci parla e ci scalda col suo amore». Così ciascuno, dopo aver preso atto della «propria povertà creaturale e fragilità esistenziale per fare i conti, senza paure, con i propri limiti», potrà riappacificarsi con se stesso e «scoprire la comunanza con gli altri, con quanti il Vangelo chiama prossimo». Infatti, spiega ancora padre Franco, «chi guarisce le ferite del cuore guarisce anche le proprie relazioni interpersonali, sociali e pubbliche. Guarisce le istituzioni, le strutture, gli ambienti di lavoro, i luoghi di aggregazione. Fino a guarire quegli spazi e quelle realtà in cui la dignità della persona viene offesa e calpestata, o che addirittura viene rinnegata e misconosciuta […] per portarvi la gioia e farli risplendere di bellezza autentica». Solo attraverso questo cammino potremo giungere alla conversione, intesa «come risposta ad un amore più grande della stessa nostra capacità d’amare». «La conversione al Signore – ci dice ancora il nostro Arcivescovo – ci rimette in piedi spiritualmente, ci rialza dalle cadute, ci purifica dalla tiepidezza e insipidità, ci mette al riparo da ogni scoraggiamento e forse anche dalle nostre abitudini: abituarsi alle cose di Dio è un pericolo, si rischia di perdere il sapore di Dio. L’abitudine ci fa credere padroni delle cose sacre, sentire arrivati e al sicuro, addirittura può darci la convinzione di avere Dio in tasca: finiamo di imporre a Lui la nostra volontà piuttosto che sforzarci di cercare che cosa Egli vuole da noi». Ecco, dunque, come possiamo “approfittare” del kairós prossimo venturo. E questo è il mio augurio per la prossima santa Pasqua.