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La vera devozione per san Pio

del numero: Anno XLIX n. 6 Giugno 2018

di fr. FRANCESCO SCARAMUZZI OFM Cap.

 

La venerazione per san Pio continua ad essere viva e la sua eredità spirituale ad animare con sempre maggior vigore la pietà popolare. Alla visita di papa Francesco a San Giovanni Rotondo del 17 marzo scorso, è seguita, nel mese di aprile, la lunga e intensa peregrinatio del cuore del Santo cappuccino in Paraguay e in Argentina, di cui troverete un resoconto in questo numero. Sono solo due esempi, gli ultimi e tra i molti che si possono richiamare, di devozione per san Pio, che rischiano però, se mal compresi e vissuti, di risolversi in “devozionismo”, cioè in una adesione soltanto formale, emotiva e passeggera. Un rischio che tutti corriamo, soprattutto oggi, in cui alla fede spesso sembrano mancare ragioni profonde, per cui tutto si risolve nell’ampio spazio dato alle emozioni e al sensazionale.

Ma “devozione” e “devozionismo” non sono soltanto una tenue degradazione dello stesso sentimento o atteggiamento: il devozionismo è l’opposto della devozione, in quanto rischia di svuotare la nostra fede di operatività, relegandola nel campo del disimpegno effettivo. Lo spiega bene Francesco di Sales – a cui tanto era devoto san Pio – in questo passo: «La vera e viva devozione […] esige l’amore di Dio, anzi non è altro che un vero amore di Dio; non un amore genericamente inteso. Infatti, l’amore di Dio si chiama grazia in quanto abbellisce l’anima, perché ci rende accetti alla divina Maestà; si chiama carità, in quanto ci dà la forza di agire bene; quando poi è giunto ad un tale livello di perfezione, per cui, non soltanto ci dà la forza di agire bene, ma ci spinge ad operare con cura, spesso e con prontezza, allora si chiama devozione. […]. A dirlo in breve, la devozione è una sorta di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto. Ora, com’è compito della carità farci praticare tutti i Comandamenti di Dio senza eccezioni e nella loro totalità, spetta alla devozione aggiungervi la prontezza e la diligenza. Ecco perché chi non osserva tutti i Comandamenti di Dio non può essere giudicato né buono né devoto. Per essere buoni ci vuole la carità e per essere devoti, oltre alla carità, bisogna avere grande vivacità e prontezza nel compiere gli atti» (Francesco di Sales, Filotea).

Pertanto, la devozione non sostituisce la fede animata da carità, ma le dona vivacità e prontezza nel compiere gli atti. Come la fede senza le opere è nulla, così la devozione che si risolve in una bolla di sapone, in un momento transitorio di esaltazione spirituale, costituisce in sé una contraddizione, che è quanto di più incomprensibile e detestabile san Pio potesse concepire. E lo dice chiaramente, nel 1918, in un momento difficilissimo per il suo spirito e la sua fede, scrivendo: «Io non ho quasi più fede: sono impotente ad innalzarmi sulle ali fortunate della speranza, virtù sì necessaria per l’abbandono in Dio, quando il colmo della tempesta imperversa e la riboccante misura di mia miseria mi schiaccia. Non ho la carità. Ah! che amarlo il mio Dio è conseguenza di ciò che è conoscenza piena, in fede operosa, e delle cui promesse l’anima si tuffa, si ricrea e si abbandona e riposa ancora nella dolce speranza. Non ho carità per il prossimo, perché questa è conseguenza di quella; e mancando la prima, da cui ogni succo vitale scende ai rami, ogni ramo perisce» (Epistolario I, p. 1036). Attenzione, dunque, nel vivere la nostra devozione a san Pio: essa deve dare slancio e prontezza alla fede informata dalla carità operosa e non lasciarci apatici, inoperosi e indolenti dopo la sbornia degli eventi.

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